Sono una mamma Tin, la mamma di Vittoria e questa è la nostra storia…
Vittoria è nata alle ore 18:40 del 24 settembre 2016, prima di quel giorno non sapevo neanche cosa fosse la prematurità, nessuno me ne aveva mai parlato! Prima di quel giorno vivevo la mia meravigliosa gravidanza tanto attesa e desiderata come fa ogni mamma, accarezzavo il mio bel pancione, attendevo con ansia le ecografie per poter  osservare tutta la sua bellezza, mi godevo ogni singolo calcetto, e sognavo ogni istante il giorno del parto immaginando l’immensa felicità che avrei provato in quel momento avendo finalmente sul mio petto la mia principessa, avrei studiato minuziosamente ogni suo singolo lineamento, mi sarei emozionata vedendo le lacrime di gioia del mio compagno,sarei stata la prima persona che la mia bimba avrebbe abbracciato, odorato e la mia voce che sentiva nel pancione l’avrebbe subito risentita sentendosi al sicuro in braccio alla sua mamma! Questa è la favola che vivevo da 28 settimane esatte!
Venne tutto interrotto quando a causa di un distacco improvviso di placenta iniziarono le contrazioni e nel giro di 3 ore nacque la mia guerriera! Nessuno mi aveva preparato a questo, ero pronta a diventare mamma si, ma non ero pronta a diventare una mamma prematura ed affrontare dure sfide, una
dopo l’altra, così credevo!

La mia Vittoria era nata ma io non la vidi nemmeno, me l’hanno mostrata dopo un po’, per qualche minuto,prima di portarla in Tin , era così piccola e indifesa, mi dissero che pesava 1170 grammi per 36 cm di lunghezza e che era molto forte e brava, respirava da sola e non c’era stato bisogno di intubarla. Poco dopo la portarono via.
Portarono me nella mia stanza, in ostetricia e non in maternità, non avrei così dovuto subire la felicità delle altre mamme nel guardare con amore i loro bambini, al sicuro li vicino a loro!
Ero sola, completamente sola senza la mia gioia più grande, accompagnata solo da mille brutti pensieri e grossi punti interrogativi, a ripetermi continuamente “perché?”.
Avevo paura, tanta, come mai ne avevo provata in tutta la mia vita.  Da quella sera inizió il nostro lungo e difficile percorso nella Tin.
Il giorno dopo io e il papà andammo in Tin, ci consegnarono le chiavi del nostro armadietto, ci fecero lavare bene le mani, ci diedero il camice e ci accompagnarono dalla nostra bimba. Era bellissima, lo è sempre stata, aveva l’ossigeno, il sondino nasogastrico, e tanti fili e sensori attaccati a quel piccolo corpicino. Ci dissero tante cose, cose che non ricordo nemmeno, ricordo solo che ci dissero che dovevano tenere sotto controllo il cervello per il rischio di emorragia celebrare soprattutto nelle prime 48 ore di vita, mi si gelò il sangue, guardavo solo lei, non esisteva altro, cercavo di chiederle scusa con lo sguardo, mi sentivo in colpa.
Ero mamma si, lo ero ma non lo sentivo, chiedevo il permesso per ogni singolo gesto d’amore che ogni mamma vorrebbe fare per il proprio figlio, “posso toccarla?”, “posso averla in braccio?”, “posso baciarla?”, mi sentivo a disagio, non sapevo come muovermi.

Piano piano i giorni passavano, e quel reparto diventava sempre più famigliare, incontravo gli sguardi delle altre mamme, senza parlare ci davamo conforto, le infermiere che ancora oggi mi porto nel cuore riuscivano a rassicurarmi sulle piccole cose, una carezza o un “forza mamma” mi aiutavano a superare le giornate e le sfide di ogni giorno.
Vittoria era brava, fortissima, ma l’ossigeno le serviva sempre, i baffetti le davano fastidio e riuscivamo a non metterli solo in marsupio terapia perché addosso a me, pelle a pelle respirava meglio.
La marsupio terapia, ore ed ore tutte nostre, li tornavamo ad essere una cosa sola, come doveva essere, lei risentiva il mio cuore e io mi risentivo in grado di proteggerla come se fosse stata ancora nel mio pancione.
Ho esultato per 2 cc di latte bevuto dalla siringa, ho esultato per 20 grammi messi da una giornata all’altra.
Ascoltavo tutto il giorno il suono degli allarmi, me lo portavo a casa anche la notte quel suono, è rimasto nella mia testa per mesi anche dopo le dimissioni.
Aspettavamo l’arrivo dei medici per i vari controlli, l’eco cardiaca per il dotto di Botallo ancora aperto, i temuti eeg, le terribili visite oculistiche a causa della rop, le trasfusioni…
I giorni scorrevano lentamente, con un alternarsi di di giorni buoni e giorni meno buoni.

Ci spostarono in post intensiva, dove tutto era un po’ più “rilassante” gli allarmi erano molto meno presenti, li potevo fare un po’ più la mamma, potevo farle il bagnetto ogni giorno, coccolarmela tutta, darle il latte finalmente con il biberon tenendola in braccio, la tensione inizió a calare. Il rapporto con le altre mamme e con le “zie” iniziava a crearsi, non mi sentivo più sola.
Un bel giorno la zia Carlotta mi fece trovare Vittoria in un lettino, non più nell’incubatrice, mi attendeva con il sorriso, sapeva che questo piccolo grande passo mi avrebbe reso felicissima; potevo metterle la tutina rosa che avevo lavato in attesa di quel momento, una tutina minuscola che a lei stava enorme.

Mi parlavano sempre di questo “scatto di crescita” e un giorno la trovai finalmente senza quei tanto odiati baffetti e senza sondino, non ne aveva più bisogno, il suo visino era libero da ogni fastidio, quel giorno piansi.
Ci spostarono di nuovo, in un reparto tutto nuovo che noi insieme ad altre mamme inaugurammo, erano le SINGLE FAMILY ROOM. Li avevamo la nostra stanza, la nostra privacy, potevo cantarle le canzoncine senza essere ascoltata da altri. Restammo 7 giorni nel nuovo reparto dopo di che , dopo 74 giorni di terapia intensiva ci dissero che Vittoria era pronta per andare a casa, pesava 2770 kg. Eravamo le persone più felici del mondo, non ci credevamo, prendemmo tutte le nostre cose, portammo la carrozzina in reparto, pronta a casa ormai da mesi  e finalmente andammo a casa.

Questa esperienza ci ha cambiato, la prematurità ti cambia per sempre, nessuno può capire quello che si prova, purtroppo o per fortuna nessuno conosce questo mondo in cui ti senti come sospesa . Durante i giorni passati in terapia intensiva mi sono sentita dire di tutto “vedrai che starà bene!”, “Devi avere pazienza, DEVE SOLO CRESCERE!” oppure “Bhe dai, almeno hai saltato gli ultimi mesi di gravidanza, i più pesanti!”.
Gli ostacoli sono stati superati, il dotto si è chiuso ai suoi 12 mesi corretti, la rop è regredita, il suo sviluppo è perfetto, non poteva andare meglio!

Ora guardando indietro, vedendo quello che abbiamo passato, di come ne siamo uscite, sono orgogliosa della mia guerriera ,
la più forte di tutti noi, che ogni giorno mi regala sorrisi e soddisfazioni che mai avrei immaginato!
Sarò sempre immensamente grata al meraviglioso reparto della Tin, soprattutto alle zie Laura B. e Carlotta,
i sorrisi, le frasi di conforto e gli abbracci, sono cose che porterò per sempre nel mio cuore!

La mamma di Vittoria